mercoledì 16 dicembre 2015

Xera, la ragazza con la spada (pag.191)

Ad ogni passo il suo corpo diventò sempre più leggero e arrivata al centro dell’antro, ebbe la sensazione di fluttuare. Le pareti, il pavimento e il soffitto, tutto divenne indefinito e sfocato mentre l’aria, prima tiepida, si fece gradualmente più fresca. Per un attimo le parve di rabbrividire, poi però la sensazione svanì lasciando spazio allo stupore. Nella mano, infatti, si ritrovò la pergamena che in precedenza aveva riposto nella cintola. Non ebbe modo di chiedersi come potesse essersi materializzata tra le sue dita, poiché dopo pochi istanti questa s’illuminò innalzandosi ad altezza viso. Xera, in un primo momento, tentò di afferrarla con la stessa mano che se l’era fatta sfuggire, poi però la luce si fece più intensa e fu per lei naturale coprirsi gli occhi.
La pergamena tuttavia diventò incandescente solo per alcuni secondi, per poi svanire lasciando dietro di sé una manciata di cenere dorata. <<No!>> esclamò la fanciulla temendo di aver vanificato il suo dono e nello stesso momento si accorse che la sua voce non produceva alcun suono. Si sforzò così una seconda volta, nel tentativo di infrangere quel silenzio assordante e a tratti insopportabile, ma fu tutto inutile. La calma che sino a quel punto l’aveva accompagnata, divenne man mano più instabile fino a quando Xera non fu assalita dall’ansia.
Fu in quell'istante che una voce si fece strada nella sua mente. Non parlava la sua lingua ma la guerriera fu comunque in grado di comprenderne il significato. Pian piano la singola voce si tramutò in coro che rasserenò il cuore della fanciulla sino a che la calma non fu ristabilita. 

Il coro di voci non utilizzò mai il linguaggio parlato, bensì intonò per lei una melodia che riempì la testa della ragazza e l’intero antro. Xera socchiuse gli occhi, unì i  palmi vicino al cuore e chinò il capo fino a sfiorare con la punta del naso le sue stesse dita. Restò così per alcuni minuti, ascoltando quella melodia propagarsi in ogni angolo della caverna e per un attimo sperò che anche i suoi amici potessero percepirla.
Reilhan aveva la schiena poggiata contro la parete che al tatto sembro essere molto fredda. Si meravigliò quindi come potesse starci a contatto per lungo tempo senza avvertire il desiderio di riscaldarsi. Con lo sguardo perso oltre l’arco, pensò che dopotutto non fosse la cosa più insolita cui avesse assistito. Elesya invece rimase accanto all’anziano saggio, tentando di scorgere la sua amica oltre la barriera magica che impediva loro di accedere alla caverna successiva.
Di tanto in tanto ebbe la sensazione che qualcosa al suo interno si muovesse e con il cuore in tumulto pensò di aver scorto la guerriera in un paio di occasioni, sapendo tuttavia che l’immagine riflessa dinanzi a lei era solo il frutto di un’illusione.
Quando infine il curatore si accorse che l’attesa si era fatta estenuante, cercò di dissuadere Murdar affinché potesse raggiungere la sua amica. <<Devi fidarti di lei>> lo ammonì l’uomo, <<Non è possibile per noi oltrepassare quest’uscio, poiché dall’altro lato vi è una dimensione che non appartiene ai vivi>> spiegò serio in volto. 

Reilhan trasalì quando ascoltò le parole del saggio, <<Ma Xera … che vuol dire tutto questo?>> domandò in preda all’agitazione, dopo di che si fiondò in prossimità dell’arco, con il solo scopo di riprendersi la sua amica. <<Rei!>> urlò la giovane maga, afferrandogli il braccio poco prima che superasse l’arco. <<Sei impazzito?>> asserì Elesya con un tono spaventato, <<Cosa credi di fare?>> rincarò la dose. <<Non possiamo lasciarla lì, è in pericolo>> cercò di giustificarsi il ragazzo e di nuovo provò a oltrepassare la barriera ma con scarsi risultati. Non appena, infatti, questi sfiorò una delle due colonne, il suo braccio fu respinto indietro. Nello stesso instante inoltre, ogni singolo simbolo presente sul suo corpo si fece incandescente e in preda al dolore, Reilhan iniziò a contorcersi sul pavimento. Murdar gli fu subito accanto e afferratogli il viso con entrambe le mani, lo fissò senza dire una parola. <<Ragazzo … che cosa hai fatto?>> le rughe dell’uomo divennero più scure mentre tra le sue mani stringeva il viso dolorante del suo protetto. <<Non ti è concesso di oltrepassare il mondo dei morti, sulla pelle è incisa la tua condanna. Perché spingersi a tanto?>> domandò con tono angosciato ma le uniche parole che il ragazzo riuscì a proferire furono: <<Devo aiutarla!>>. L’uomo chiuse gli occhi per non vederlo soffrire e quando i simboli si fecero più dolorosi, il curatore fu sul punto di perdere i sensi. 

Una melodia però rischiarò i loro cuori, un canto soave che placò in pochi istanti il dolore lancinante del ragazzo. Il saggio sollevò il capo in direzione dell’arco, sorprendendosi che la barriera avesse permesso a quel suono di oltrepassare il confine tra i vivi e i morti. <<Xera!>> affermò il ragazzo rimettendosi in piedi, <<è la sua voce, non ho alcun dubbio>> aggiunse. 
La guerriera si lasciò trasportare dal coro che occupava i suoi pensieri e pur non rendendosene conto, il suo corpo si fece man mano sempre più inconsistente. Lentamente prima le gambe e poi le braccia diventarono senza peso e infine lo stesso dorso si era fatto leggero come l’aria. Riaprì gli occhi quindi e iniziò a guardarsi intorno. Non intravide nulla tuttavia, se non della nebbia fitta che circondava l’intera caverna. Abbassò allora la testa per osservare se stessa e ancora fu sorpresa nel vedere che sebbene non ne percepisse il peso, il suo corpo era immutato se non in un dettaglio. I suoi capelli erano diventati tutti bianchi e lunghi sino alle caviglie, fluttuando come immersi in acqua. Xera sbarrò gli occhi dallo stupore e istintivamente tentò di sfiorarsi la spalla ma senza riuscirci. 

La sua mano, infatti, non volle saperne di collaborare. I suoi timori tuttavia di nuovo furono acquietati dal coro, quando all’improvviso il silenzio tornò. <<Dove siete?>> domandò tra se e se cercando di attirare l’attenzione delle voci, ma nessuno rispose alla sua invocazione. Infine, sul punto di impazzire, qualcuno le sussurrò una frase all’orecchio <<Chiamami e verrò da te!>>. La mente della guerriera subito si svuotò di tutte le angosce, le ansie e i timori che l’avevano colta e ritornata la pace, nuovamente chiuse gli occhi. Le mani prima unite si adagiarono sui fianchi e sollevato il capo, Xera cercò la melodia nascosta nel suo cuore. Fu in quel momento che le parole di sua madre le tornarono alla mente, <<Cantiamo la canzone di Pillim figlia mia, affinché il viaggio di tuo padre nel regno eterno sia allietato>>. Non pensava a quella frase da molto tempo, perché allora ricordarla proprio ora? Più cercava di non pensarci e più quella frase si faceva pressante e quando non fu più in grado di ricordare altro, si arrese. Aprì la bocca, ripensò alla canzone e mentre le parole iniziarono a scorrerle nella testa come un flusso incontenibile di ricordi, la sua voce si fece di nuovo suono.

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