martedì 7 luglio 2015

Xera, la ragazza con la spada (pag. 162)

Reilhan raccontò per filo e per segno ogni evento accaduto alla fanciulla per effetto della fattura. Xera restò in silenzio per tutto il tempo, sperando in cuor suo che quanto spiegato dall’amico fosse uno scherzo mal riuscito. Fu Elesya tuttavia a confermare ogni singolo fatto narrato e la guerriera a quel punto dovette arrendersi alla realtà. <<Perciò mi state dicendo che se non consegniamo le nostre armi e i tuoi poteri a un perfetto sconosciuto … io rimarrò un vegetale per il resto dei miei giorni?>>. I due ragazzi annuirono e Xera, trattenutasi anche fin troppo a lungo, scattò in piedi in preda a una feroce rabbia. <<Ma stiamo scherzando? Nessuno metterà le sue sporche mani sulla mia spada o sul mio scudo, senza contare Vheles e i tuoi poteri>> la guerriera percorse il perimetro della stanza camminando di continuo. Solo di tanto in tanto si fermava e alzando i pugni al cielo, inveiva contro il loro destino avverso. <<Non se ne parla!>> disse infine tornando a sedere. <<E l’alternativa quale sarebbe? Lasciarti diventare un guscio vuoto?>> ribatté il Novizio irritato dalla testardaggine della compagna, <<Certo che no>> rispose la fanciulla, <<Ma giacché questo individuo brama le nostre armi, perché non fargliele assaggiare?>>. 

Reilhan sbuffò ed Elesya corrugò la fronte <<Hai un piano?>> domandò la giovane maga, incuriosita dall’affermazione di Xera. <<Potremmo recarci alla statua, come d’accordo, e una volta lì, tendergli un agguato. Infine dopo averlo sconfitto, gli prenderemo il suo antidoto e nessuno dovrà rinunciare a nulla>>. Fu Reilhan questa volta a non poter restare seduto <<Questo piano è ridicolo!>> obbiettò avvicinandosi alla piccola finestra della stanza, che spalancò affinché l’aria fresca della sera potesse schiarirgli le idee. <<Ne hai forse uno migliore?>> lo sfidò la fanciulla, <<Faremo quanto ci è stato chiesto, nulla di più>> asserì il Novizio. Xera raggiunse l’amico e senza pensarci lo strattonò stringendo il bavero della sua camicia. <<Sei forse impazzito? Dopo tutti i sacrifici fatti su questa dannata isola, ti arrendi senza neanche lottare?>> ma il curatore mantenne lo sguardo severo e afferrati i polsi della ragazza, li scansò lentamente. <<Tu non sai come la fattura ti aveva ridotta. È vero il tuo corpo era sempre lo stesso, ma della Xera che amiamo, non c’era più nulla>>, la guerriera arrossì e continuò ad ascoltare il ragazzo. <<Del nostro nemico non conosciamo niente. Potrebbe essere chiunque … potrebbe essere una persona molto potente contro la quale ogni tentativo di ribellione sarebbe vano. Non correrò il rischio di perdere l’unico antidoto esistete soltanto per proteggere delle stupide armi>>


Xera provò a divincolarsi dalla presa dell’amico che le aveva bloccato le mani <<E i tuoi poteri? Non pensi ai tuoi poteri? Non potresti più perseguire i tuoi sogni senza magia curativa>> ma ancora una volta il curatore scosse il capo. <<Con o senza nessuno m’impedirà di realizzare i miei sogni. Posso vivere una vita intera privato della mia magia, ma non un solo istante senza di te>>. Xera non oppose più resistenza e candide lacrime iniziarono a bagnarle il volto. <<E sia come desideri allora!>> affermò e liberata dalla presa di Reilhan, si congedò dalla stanza abbandonando i suoi amici.
Elesya nascose il capo tra le braccia poggiate sul tavolo, era molto provata dagli eventi accaduti in un così breve lasso di tempo. Chiuse gli occhi e con la mente scandagliò ogni singolo pensiero, desiderando in cuor suo di poterli annullare tutti. Reilhan invece si sedette sul bordo della finestra, assaporando la brezza frizzantina che annunciava l’arrivo di una burrasca. 
Quando Xera raggiunse le porte del saggio, i due Luàn la avvertirono che Murdar non era lì, costringendo la fanciulla a cambiare i suoi propositi. Percorse i lunghi corridoi senza badare alla direzione intrapresa, fino a che non si ritrovò dinanzi alle stanze di Hillin. Al centro della lussuosa porta d’avorio confetto, infatti, era stato intagliato il suo nome a caratteri cubitali, come a voler marcare ulteriormente un territorio di sua appartenenza. 

Xera in un primo momento pensò di andarsene, poi però la curiosità prese il sopravvento e per due volte bussò al bizzarro uscio. Poiché nessuno rispose, la guerriera ipotizzò che anche quelle stanze fossero vuote e di nuovo pensò bene di ripercorrere i suoi passi. Tuttavia non appena  voltò le spalle all’uscio, questo si aprì rivelando la presenza di una bambina che la fissava incuriosita. Xera riconobbe Hillin e salutandola con poco entusiasmo, si scusò per averla disturba. <<Non so neanche io perché sono qui, non volevo disturbarti. Ora vado!>> farfugliò girando i tacchi e cambiando direzione. La bambina afferrò prontamente la gonna della guerriera e con un cenno della mano, la invitò a entrare. All'inizio Xera rifiutò, ricordando quanto Hillin fosse pericolosa, ma uno sguardo torvo della bambina, la indusse a desistere. Nel momento in cui la guerriera varcò quell’uscio tanto appariscente, si rese conto di quanto fossero grandi le stanze della donna. Per dimensione potevano contenere l’equivalente di quattro comuni stanze di solito assegnate loro durante i ripetuti pernottamenti nella dimora. L’uscio era incorniciato da tende sottili come veli impercettibili, che al minimo alito di vento si muovevano sinuosamente. Le stesse tende ricoprivano il baldacchino del letto patronale al centro della stanza, sormontato su una specie di palco che rendeva il giaciglio ancor più regale. Le lenzuola di raso nero avevano dei ricami d’argento con piccoli fiori rosa confetto sui bordi. 

Sul lato destro del letto vi era una zona dedicata alla tolettatura, comprensiva di vasca dai piedi argentati e dalla forma stranamente tonda. Uno specchio ovale incorniciato in una struttura di legno candido invece, impreziosiva il lato sinistro, al quale era accostata una sedia di raso nobile, su cui alcuni indumenti erano poggiati con poca cura. Lo specchio era adagiato, infatti, a un tavolo di pregiata fattura ricolmo di cassetti, alcuni dei quali non erano stati chiusi del tutto, lasciando così scorgere una parte del loro contenuto. Sul tavolo tutto era alla rinfusa, un disordine tuttavia che a modo suo sembrò affascinante: pizzi e merletti, monili e perle, pergamene e persino alcuni piccoli ritratti, nascosti in parte dagli stessi oggetti presenti sul tavolo. Dietro il letto vi era una vetrata molto ampia che a guardarla bene, si rivelò essere l’accesso a una terrazza sul mare. Infine in uno degli angoli della stanza, Xera intravide un divano di velluto bianco, dinanzi al quale vi era un tavolino ricolmo di vecchi editti e documenti. E fu proprio lì che la guerriera fu invitata ad accomodarsi, mentre la bambina preferì occupare la poltrona di fronte. Xera si sentì piccola in confronto al grande divano e intimidita dalla regalità di quegli alloggi, se ne restò in silenzio fino a che Hillin non iniziò a spazientirsi. La bambina continuò a fissarla senza mai distogliere lo sguardo, ma irritata dal protratto mutismo, decise di prendere la parola. 

All’inizio si schiarì la voce, attirando così l’attenzione della ragazza, poi all’improvviso le sue mani si fecero più grandi, al pari di quelle di una donna. Le unghie crebbero a dismisura e quasi a volerne bloccare il loro continuo allungarsi, la bambina le pianto nei braccioli della poltrona. Alle mani seguirono le braccia che divennero lunghe e toniche e poi fu la volta del torso e dei fianchi. Il seno si fece più prosperoso e gli abiti più striminziti. Infine toccò alle gambe che arrivarono a sfiorare il pavimento, sinuose e provocanti. Hillin le incrociò e come nulla fosse, sciolse i codini con cui aveva raccolto i suoi capelli in precedenza. La chioma corvina le ricadde sulle spalle e con gesti precisi, la donna li sistemò al meglio. Dal centro della scollatura, Hillin ne estrasse un paio di occhiali rosa confetto, per poi indossarli quasi a conclusione perfetta di quella trasformazione. Xera rimase a bocca aperta, mai in passato aveva assistito a una magia simile e vederla a pochi passi dal suo naso, rese quello spettacolo molto più coinvolgente. Hillin incrociò le braccia <<Si può sapere perché sei qui?>> commentò alzando un sopracciglio. La guerriera tornò subito alla realtà e ancora confusa farfugliò frasi senza senso. <<Allora te la pongo in maniera diversa: desideri abbandonare Horsia?>>.

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