venerdì 20 febbraio 2015

Xera, la ragazza con la spada (pag. 131)

Una goccia d’acqua s’infranse sul volto del Novizio. Era l’ennesima di una lunga serie proveniente da una fessura nella roccia. Non sapeva per quanto tempo avesse dormito ma dall’umidità della pelle, capì che erano passate diverse ore. L’ambiente intorno a lui era buio e ristagnante e benché la posizione supina gli impedisse di avere una buona visuale, ebbe la sensazione di non essere solo. Colto da un’improvvisa illuminazione, i suoi pensieri ripercorsero gli eventi che lo avevano condotto in quel luogo oscuro, mentre con la mano tentò di farsi largo nel fango alla ricerca di qualcosa. Il braccio cessò di muoversi soltanto quando si scontrò contro qualcosa di morbido, una gamba presumibilmente. Trascinandosi a fatica, Reilhan si portò più vicino all’ostacolo e lo prese a esaminare al meglio delle sue possibilità. Risalì con delicatezza il ginocchio, la coscia e infine raggiunse la cintola attorno alla vita ma del fodero o della spada non vi era alcuna traccia, così il suo cuore sussultò. Facendo forza sulle braccia staccò il viso dalla terra, benché la testa sembrasse più pesante di un macigno, per poi sollevarsi sulle ginocchia e ritrovarsi a quattro zampe. Una conquista per qualcuno con il corpo dolorante. Solo nel momento in cui il suo equilibrio glielo consentì, distaccò la mano dal suolo per portarla dietro la schiena. La delusione però ebbe la meglio, poiché scoprì che il fido Maglio non c’era. <<Maledizione! Deve essersi staccato con la caduta>> ipotizzò tastando i lacci di pelle. 

Reilhan si sedette poggiando la schiena contro la roccia umida che lo rabbrividì al punto da svegliarlo del tutto. Fu allora che una fitta lancinante al capo rischiò di fargli perdere i sensi. Quando sfiorò la ferita, qualcosa di caldo e dalla forte connotazione ferrosa imbrattò le sue dita: era sangue. Chiuse gli occhi, sebbene la differenza fosse inesistente tra il tenerli aperti o chiusi e concentrò il suo potere nella mano destra. In principio avvertì un forte calore, poi una luce biancastra suggellò la fine della cura. Aveva ben altre ferite sul suo corpo, ma pensò di centellinare il suo potere non conoscendo le condizioni dei suoi compagni. I suoi occhi si spalancarono nel momento in cui la parola "amici" gli balenò in mente. Si mosse con foga, alla ricerca dei loro corpi, poiché si era imbattuto solo in quello che ipotizzò essere di Elesya. Fu in quel momento che ebbe un’idea. Per primo si sollevò sulle ginocchia, poi congiunse i palmi come in una sorta di preghiera e infine concentrò una parte dei suoi poteri donando loro una forma ben specifica. Quando riaprì i palmi, una fiamma candida si materializzò illuminando la caverna. Ebbe così la certezza che Elesya si trovasse accanto a lui e benché il suo corpo fosse cosparso di piccole ferite superficiali, non sembrava in pericolo di vita ma soltanto svenuta. Spostò allora la fiamma che danzava viva sul suo palmo e illuminò la zona opposta, scorgendo un groviglio di lunghi capelli corvini immersi nel fango. 

Raggiunto Dereth si accertò che il ragazzo non fosse ferito gravemente con non poca riluttanza. Conosceva bene tuttavia, quali erano i doveri di un curatore. Con l’altro palmo gli avvolse il braccio che, dal colore livido, doveva essersi rotto dopo la caduta. Di nuovo si concentrò e in men che non si dica, la frattura sparì. <<Non sperare che ti ringrazi>> lamentò lo spadaccino, ridestato dai poteri di Reilhan <<Non credo tu ne sia in grado!>> esclamò abbandonandolo per poi riprendere a cercare. Spostò la fiamma in ogni direzione e sebbene quell’antro avesse dei confini limitati, non riuscì a scorgere Xera. Il suo cuore incominciò a martellargli in petto e così preso dall’ansia, agitò la fiamma con maggior vigore finendo col spegnerla a causa della perdita di concentrazione. <<Xera dove sei?>> la chiamò ad alta voce senza ricevere però alcuna risposta, <<Testa calda mi senti?>> ripeté ma il silenzio lo avvolse. Il Novizio non si arrese e ancora una volta urlò il suo nome che si propagò a eco in tutta la grotta. <<Ci deve essere un’altra caverna accanto a questa>> disse affinché lo spadaccino lo sentisse, <<Probabile; la mia torcia tuttavia è bagnata e non potrò riutilizzarla>> asserì Dereth. Reilhan cercò di annullare l’ansia che lo aveva assalito e di nuovo generò una piccola fiamma candida che illuminò a stento il discreto antro. <<Userò questa per cercare Xera>> spiegò sollevandosi in piedi. <<Veglia su Elesya fin quando non si sarà svegliata, se le dovesse accadere qualcosa ti ammazzerò>> aggiunse. 

Dereth sorrise ironico e a Reilhan non sfuggì. <<Ti faccio ridere?>> lo rimbrottò, <<Affatto, trovo solo paradossale che un curatore minacci di uccidermi e al contempo mi affidi la vita della sua amica. È così importante per te quella fanciulla? Sei pronto a mettere a repentaglio la vita della strega pur di correre a cercarla. Hai forse dimenticato che … io l’ho già uccisa in passato?>>. Reilhan fissò il volto dello spadaccino e inaspettatamente non rispose alla provocazione, al contrario parve calmo e sicuro di sé. <<Temo che tu abbia frainteso. Pensavi sul serio che parlassi con te? Non ti affiderei neanche la mia bisaccia>> disse sorridendo furbescamente. <<Ti ha dato di volta il cervello? Ci siamo soltanto noi qui>>, lamentò lo spadaccino <<Ti sbagli, guarda meglio!>>. Dereth girò il capo scrutando la parte della caverna avvolta dall'oscurità e rabbrividì. Due luci color malva si stagliavano nel buio, fissandolo come fossero pupille. Solo quando la luce si accentuò illuminando il resto dell’oggetto, la giovane leva comprese che si trattava di Vheles, la fida staffa di Elesya. Benché non fosse sorretta da alcun supporto, si reggeva in perfetto equilibrio accanto al corpo della fanciulla, avvolto in una sorta di barriera del medesimo colore. Prima che il Novizio potesse incamminarsi, dagli occhi cavi del teschio si materializzò una catena minuta e dalle sfumature dorate che si strinse alla cintola di Reilhan. <<Grazie!>> esclamò il ragazzo, <<Non lo faccio per te>> tenne a precisare Vheles <<Elesya vi verrà a cercare una volta desta, non voglio che si perda>>, <<Ci conto allora>> affermò il curatore, poi sollevata la fiamma canuta, voltò loro le spalle alla ricerca della guerriera.

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