venerdì 19 settembre 2014

Xera, la ragazza con la spada (pag. 95)

Abbandonare Kodur senza essere visti non fu semplice, poiché le strade erano affollate a causa di alcuni eventi organizzati dai mercanti per le giovani leve. <<Quale modo migliore per distogliere l’attenzione dal Summit che in questo momento sta avendo luogo nella dimora di Murdar>> disse Reilhan sporgendo il collo oltre il muretto di cinta che proteggeva un piccolo orto a ridosso delle grandi mura del villaggio. I tre ragazzi oltrepassarono il portone principale e non perdendo la concentrazione, restarono ai margini del bosco evitando così le numerose leve che affollavano il sentiero. Tra loro, Elesya riuscì a scorgere persino Faiha e Zabora vestiti a festa, ma di Mihrrina nessuna traccia. Giunti infine nelle pianure verdeggianti, si resero conto che passare inosservati sarebbe stato impossibile; decisero allora di affrettare il passo e di guadare il torrente per raggiungere velocemente l’altra sponda. Camminare sulle lisce pietre di fiume mise a dura prova la loro pazienza; soprattutto Xera ebbe delle difficoltà, dovendo trasportare i due animali. Quando raggiunsero la distesa erbosa opposta, erano zuppi dalla vita in giù. 

<<Grandioso!>> borbottò il Novizio alzando gli occhi al cielo. Senza perdere tempo si avviarono in direzione di Svaltur, l’imponente vulcano che dominava l’isola, evitando di percorrere le vie più battute dalle giovani leve. Il primo sole fece presto capolino all’orizzonte, ma la fitta foresta alle pendici del monte infuocato, non permetteva alla luce del mattino di trapassare gli spessi rami secolari. Una fitta rete di braccia lignee, oscurava la foresta e la rendeva ancora più tetra. Nessuno ostacolò il loro peregrinare, forse perché intimoriti dall’ultimo attacco della guerriera che tuttavia si ripromise di sfoderare Rhinvel solo se necessario. La spessa parete di basalto, gremita d’ingressi piccoli e oscuri, era rimasta invariata dall’ultima volta che i ragazzi l’avevano raggiunta, se non fosse per la presenza di alcuni animali che iniziarono a fuoriuscire dalle loro tane, attirati dalla penombra che si era creata con i due soli ormai ben alti nel cielo. Il trio decise di imboccare lo stesso tunnel già usato in passato e con il Novizio armato di Maglio, si ritrovarono a passeggiare per il lungo corridoio tortuoso che man mano andava restringendosi. Il calore del vulcano, sembrò però essere più intenso e questo rese quegli angusti passaggi, ancora più asfissianti e opprimenti. 

Xera dovette fermarsi per un istante. Il sudore le aveva, infatti, bagnato gli occhi; con una mano si asciugò il viso, poco prima di riprendere a camminare. Persino respirare divenne arduo e in special modo in prossimità della parte finale del corridoio che li costrinse a proseguire carponi. La terra ardeva e sostare più di qualche minuto nello stesso posto, divenne impossibile. Xera rimpianse di non aver indossato degli ambiti più adatti, poiché le ginocchia cominciarono a risentire dell’eccessivo attrito con l’ardente terra. Quando infine pensò di non poter più resistere, una fioca luce rianimò le sue speranze. E proprio lì dinanzi a loro si estendeva una caverna, le cui dimensioni non potevano essere calcolate con un semplice colpo d’occhio. Reilhan restò senza parole. <<Dove siamo finiti!>> esclamò colto dallo stupore. La pianura dorata e lussureggiante che avevano scoperto durante la precedente spedizione, era scomparsa e al suo posto vi trovarono uno scenario completamente diverso. Era la roccia a fare da padrona. Scura e con spaccature scarlatte che rivelavano la presenza della lava incandescente al loro interno. 

Un fiume di magma solcava la caverna dividendola in due parti uguali e di tanto in tanto sputava fuori dei detriti da cui era meglio stare alla larga. Le fontane di lava invece erano state sostituite da laghetti di medie dimensioni, il cui liquido al loro interno ribolliva come un paiolo ricolmo di minestra sul fuoco. Non era semplice acqua, infatti, la colorazione verdognola e l’odore stantio, indussero i ragazzi a starne lontani. Solo le statue erano sopravvissute al drastico cambiamento che la pianura aveva subito. Persino l’imponente soffitto gremito di pietre solerine era cambiato, al suo posto si poteva scorgere della spessa roccia, simile al pavimento, da cui sovente grondavano gocce di lava. L’ambiente era piuttosto luminoso, considerando la totale assenza di luce e Reilhan poté rinfoderare il suo fidato maglio. 
I due Hipis iniziarono a diventare irrequieti tra le braccia della guerriera ma Xera non se la sentì di liberarli lasciandoli in balia di loro stessi. <<Forse abbiamo sbagliato strada!>> affermò guardandosi intorno ed Elesya fu d’accordo con lei. Reilhan però dissentì e incrociando le braccia, cominciò a scuotere il capo immerso nei suoi pensieri. 

<<Questa è la stessa caverna dell’altra volta!>> asserì <<Siamo noi invece a guardarla con occhi diversi>> aggiunse. Le due ragazze non compresero le parole del curatore, almeno fino a quando i due Hipis, mordendo la guerriera, non riuscirono a liberarsi. Xera si strinse i polsi feriti e riluttante, vide le due creaturine tuffarsi nelle pozze contenenti lo strano liquido. <<NO!>> urlò, ma fu tutto inutile. All'improvviso la terra tremò e le statue raffiguranti gli uomini bestia, iniziarono a muoversi. Reilhan afferrò in tempo le sue amiche per i gomiti e prontamente le nascose dietro una roccia oscura e lucida, che permise al trio di abbandonare il campo visivo delle statue. Ogni passo di quelle creature, scuoteva l’intera caverna che però non mostrò mai segni di cedimento, quasi fosse abituata a quegli scossoni. Reilhan provò a sporgersi oltre l’oscura barriera che li occultava alla vista dei mostri, ma Xera glielo impedì stringendo con forza la sua mano. Il curatore si voltò per guardarla; Xera non era solita lasciarsi andare a simili gesti e per lui fu ancora più preoccupante dell’uomo bestia alle loro spalle. 

Il volto della guerriera era pallido e tremante mentre fissava un punto preciso proprio di fronte a loro. Reilhan girò il capo lentamente e con orrore si ritrovò faccia a faccia con degli strani esseri che li puntavano minacciosi. Fuoriusciti dalle pozze di liquido sulfureo, il loro aspetto ricordava a stento le simpatiche creature, che alcuni giorni prima avevano prelevano da quelle caverne. Più grossi di un Pokiha adulto e avvolti da una spessa pelliccia pece, i due Hipis s’incamminarono verso il trio grondando bava dalla bocca, più simile all’acido che a della normale saliva. Le piccole zampe erano diventate più spesse e muscolose, e il viso angelico invece, era stato sostituito da una maschera truce che rese le creature irriconoscibili. I tre occhi scarlatti si muovevano vorticosamente da un membro all’altro del gruppo che intanto era rimasto immobile, incapace di muovere anche solo un muscolo. Due corna caprine lucide e nere, facevano capolino dalla spessa pelliccia mentre le orecchie si erano rimpicciolite fino a sparire del tutto. Uno dei due Hipis all’improvviso belò e Xera si meravigliò nel constatare che il suono melodioso era il loro unico attributo a non essere cambiato. 

Non sortì tuttavia alcun effetto perché i ragazzi avevano preferito affrontare il viaggio con indosso i tappi di cera. <<Fate tutto quello che faccio io>> mormorò Reilhan affinché solo le due ragazze potessero sentirlo. Lasciandole di stucco si sollevò in piedi, assumendo un’espressione beata e tranquilla. Elesya lo seguì poco dopo mentre Xera si mosse per ultima ancora incapace di comprendere le vere intenzioni del Novizio. <<Non ho mai visto una pianura tanto bella!>> esclamò il ragazzo ad alta voce e come da copione, le fanciulle lo assecondarono. La terra allora smise di tremare e le imponenti statue tornarono sui loro piedistalli. I due Hipis interruppero il canto e scrutandoli con attenzione, si avvicinarono rivelando la presenza dei loro compagni che pian piano tornarono a popolare la caverna. L’Hipis più grande annusò le mani della guerriera, che dovette stringere i denti per resistere all’impulso di scansarsi e inaspettatamente iniziò a leccarle i segni dei morsi che segnavano la pelle della ragazza. Il contatto con la lingua ruvida dell’animale la fece rabbrividire, tuttavia si sforzò di sorridere senza tradire le sue reali emozioni. Si ritrovò quindi in ginocchio accogliendo l’essere tra le sue braccia, proprio come aveva fatto fino a qualche ora prima. 

Reilhan ed Elesya invece restarono immobili, mantenendo il sorriso forzato di cui si erano armati. Nel momento in cui il peggio sembrò essere passato, Xera si risollevò poggiandosi sulla pietra lucida che li aveva protetti dallo sguardo delle statue. <<Dobbiamo andarcene>> disse senza emettere alcun suono ma mimando le parole con le labbra e i suoi amici annuirono. Quando fece per risollevarsi, un frammento della pietra le cadde tra le mani. Era appuntito e grande quanto il coltello custodito nella fondina sulla gamba. Nonostante fosse nero, possedeva dei riflessi violacei che rilucevano se colpiti dal bagliore della lava. <<Ossidiana!>> spiegò Elesya bisbigliando. Xera non ci si soffermò, perciò ricacciando il frammento nella bisaccia, seguì i suoi compagni che si diressero verso l’uscita. Ma nel momento in cui furono a pochi passi dall’angusto passaggio che li avrebbe condotti fuori, gli Hipis iniziarono di nuovo a belare e vedendo che su i tre ragazzi non sortiva alcun effetto, poiché ancora svegli, emisero un suono che era ben lontano dal trillo di un campanello d’argento. 

Un verso gutturale e profondo li costrinse a girarsi, assistendo così all’ennesima mutazione delle strane creature. Il corpo si fece più massiccio e lentamente permise loro di muoversi erette su due zampe, proprio come le statue di basalto presenti nella caverna. Reilhan spostò Elesya nella grotta e le intimò di correre con tutte le sue forze in direzione dell’uscita. Poi si diresse verso Xera e quando fu sul punto di afferrarle il polso, lei si scansò e con la mano lo spinse nel cunicolo insieme alla giovane maga. Senza perdere tempo si voltò verso gli Hipis che si avvicinavano minacciosi e guardandoli con aria di sfida, portò la mano sull’elsa di Rhinvel che vibrò al suo tocco. Con destrezza sganciò il fodero dalla cintola e infine sollevò la lama, ancora nascosta, ergendola davanti al suo viso. <<Non voglio farvi del male>> intimò loro <<Ma se mi attaccherete, non avrò pietà>> tuonò e la sua voce si propagò per tutta la caverna. Reilhan cercò di convincere Xera a seguirli, perché le dimensioni degli Hipis non gli consentivano di attraversare gli stretti cunicoli, ma la leva non ne volle sapere, temendo invece che le creature fossero in grado di tornare al loro aspetto originario con la stessa velocità impiegata per mutare. 

Gli Hipis sembrarono incerti sul da farsi, poiché riuscivano ad avvertire la determinazione della loro avversaria, tuttavia non avrebbero mai permesso ai ragazzi di abbandonare la caverna e ignorando le parole di Xera, si fecero avanti uno dopo l’altro. La guerriera allora mosse la spada privandola del fodero che volò verso i suoi compagni. Rhinvel divenne incandescente e i movimenti fulminei della ragazza sferzarono l’aria, costringendo le creature a indietreggiare. La guerriera non aveva intenzione di far loro del male, ma pensò bene di spaventarli per annientare così la loro sicurezza e distoglierli infine dai loro propositi. Alzando la lama fin sopra la testa, la fece ricadere con forza tagliando di netto la pesante aria di cui la caverna era costituita. Una lama scarlatta di vento attraverso l'antro, solcando il terreno fino al perimetro opposto sul quale si schiantò, facendo gorgogliare un rivolo di lava dalla parete. Il colpo sfiorò il gruppo di Hipis e questi, presi dal panico, iniziarono a sparpagliarsi per la caverna cercando di scappare dalla guerriera. Xera approfittò subito della situazione e in fretta, si fiondò nello stretto cunicolo in cui i suoi amici la attendevano. Reilhan riconsegnò il fodero alla fanciulla regalandole inoltre un lungo sguardo accigliato che non lasciò presagire nulla di buono. Tuttavia preferì rimandare le ramanzine e proseguire verso l’uscita senza più voltarsi indietro.

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