martedì 11 marzo 2014

Xera, la ragazza con la spada (pag. 48)

I pensieri di Alea (parte prima)

Dopo cinque giorni di viaggio, anche la taverna più umile diventava allettante: un giaciglio pulito e una vasca di legno, non chiedevo altro. Thesla era una capitale giovane, se paragonata a Sihlya e Nortor e il caldo ardente, misto al forte odore di metallo, contraddistinguevano questa città. Avevo viaggiato a lungo e visitato luoghi inesistenti secondo le mappe ufficiali, ma Thesla, era l’unico posto in cui non avrei resistito per più di due giorni. 

Tutta la città era un cantiere in costruzione, poiché ogni edificio era abbattuto dopo soli dieci anni per essere poi sostituito con uno più moderno e all’avanguardia. Quel che più mi preoccupava tuttavia, era il progetto che la Confederazione aveva in mente: una volta attuato, la città sarebbe stata rasa al suolo. <<Quanto poteva valere un’utopia, se paragonata alla vita di tutte quelle persone?>>pensai prima di mettermi a letto.

Il Primo Sole era appena sorto ma la temperatura si fece già insopportabile e l’aria divenne pesante. Approfittai della vasca per rinfrescarmi, anche se quella piacevole sensazione sarebbe sparita non appena in strada. Prima di andare, indossai i miei abiti color sabbia: perfetti per chi non voleva dare nell’occhio in una capitale costruita al centro di un deserto. I miei scarponcini erano a posto, i pantaloncini e la camicia mi soddisfacevano (avrei preferito qualcosa con più stile). Una sistemata ai capelli e sarei stata pronta. 

Al mio viso riflesso nello specchio, ormai, non ci facevo quasi più caso, preferivo piuttosto acconciare i miei capelli castani con una semplice coda di cavallo (per non perdere troppo tempo). Passavano gli anni e non una ruga aveva segnato il mio volto: da quel che potevo ricordare, non avevo mai avuto un aspetto diverso da questo. I miei occhi erano sempre stati dorati e la mia pelle, perennemente giovane. Ricordare poi, che parola grossa, se avessi rammentato qualcosa del mio passato, non sarei stata di certo li.


Dopo aver pagato la stanza, mi recai al mercato che si teneva accanto alla locanda. Era l’unico luogo in cui il profumo del vento era diverso. Da una parte lo zucchero caramellato, la cannella, il cioccolato, dall’altra il pungente odore della paprica, il pepe (che mi faceva sempre starnutire) la noce moscata e tante altre spezie di cui non conoscevo il nome. Non tutte le bancarelle del mercato però avevano un odore gradevole. Passare davanti a quella delle carni (quando la brace era spenta) mi faceva stare male: decisi allora di evitarla, tirando dritta per il negozio di pergamene e cianfrusaglie di Paru. In due giorni ebbi modo di valutare quanta, della sua merce, fosse solo spazzatura e quanta, invece, potesse valere davvero qualcosa: ciò nonostante, ogni oggetto di quel negozio era in vendita, persino la ciotola del suo gatto.

<<Oh! Signorina Alea, anche oggi mi onora della sua presenza!>> mi disse Paru. Avrei giurato, dal tono della voce, che non fosse molto contento di vedermi ma chi può biasimarlo, dopotutto non compravo mai nulla dal suo negozio: una maledizione per un commerciante. <<Buongiorno Paru, vorrei vedere tutte le nuove pergamene che le sono arrivate ieri notte!>> affermai decisa. Lui mi guardò perplesso, poi però forse sperando di vendermi finalmente qualcosa, mi condusse nel retro del negozio, ossia un ripostiglio impolverato e meno curato nella disposizione della mercanzia. Un tavolo di legno fu sgomberato alla buona poi Paru, mi consegnò i testi e accese una candela aromatica, forse per allietare la mia lettura o forse per nascondere il forte odore di polvere nera "clandestina", che nascondeva da qualche parte. 

Trepidante, ne lessi quattro senza sosta, poiché le lingue antiche di Baràt non erano così difficili da decifrare … per me. Furono però inconcludenti e dopo la quinta, pensai di andarmene spedita alla bancarella dei dolci: volevo annegare la mia frustrazione in una buona tazza di the fumante e pasticcini. Lo so, sembra assurdo bere bevande calde quando la temperatura è insopportabile, ma niente sa consolarmi come un buon the bollente. 

Lessi le ultime tre pergamene e come avevo temuto, nessuna di queste conteneva informazioni che mi potessero interessare. Quando feci per alzarmi, Paru si avvicinò porgendomi un documento appena arrivato (insieme a delle tazzine e a delle teste di bambole raccapriccianti: che carico bizzarro).
<<Signorina Alea, la prego, prenda questa pergamena; sono sicuro che non resterete delusa>> mi disse speranzoso.
<<È quello che sostenete sempre Paru, eppure non ho ancora acquistato nulla>> gli risposi stizzita.
<<Questa volta comprerete, sono sicuro, sono sicuro!>> come se ripetere la stessa frase due volte, potesse renderla più veritiera. Poiché il documento giunse in compagnia di un piatto di biscotti secchi, accettai di dargli uno sguardo ... e non me ne pentii.

Sin dalle prime righe, riconobbi gli stessi simboli che cinque anni prima avevo ritrovato, in un vecchio diario, ai confini delle rovine di Candhelia. In alcuni punti però era illeggibile, poiché l’inchiostro si era cancellato nel tempo. Mettendo insieme tutti i pezzi, mi appuntai delle coordinate su un frammento di pergamena. D’accordo, non dovevo farlo: in cambio di una lettura preventiva, avevo promesso di acquistare il documento che avrei ritenuto interessante e Paru, seppur con riluttanza, aveva accettato (cosa di cui si era subito pentito). I prezzi di quel negozio però erano troppo alti e non tutto era accessibile per le mie tasche: l'onestà tuttavia, era un sentimento svalutato in quel posto, perché avrei dovuto comportarmi diversamente? Conoscere il mio passato dopotutto, era l’unica cosa che contava. 

Alla fine del documento, doveva esserci stata una mappa in origine, ma il foglio era stato strappato. <<Dannazione!>> pensai, ogni volta che m’illudevo di essere vicina alla verità, una pagina mancante o un’informazione tradotta male, mi riportava al punto di partenza.
<<Paru, questo documento non è completo!>> urlai, sfogando una parte della mia frustrazione.
<<Per Aseth, che succede Signorina, se urla in questo modo, i miei clienti scapperanno via!>> rimproverò e questo mi rese ancor più nervosa ... nonostante avesse ragione.

<<Un momento, cosa avete detto?>> domandai, qualcosa nelle parole di Paru, mi sembrò familiare.
<<Scusate Signorina, non volevo essere scortese ma lei ha alzato troppo la voce, capisce?>> si scusò mortificato (dovevo averlo intimorito).
<<Non intendevo minacciarvi>> mi giustificai, <<Il nome che avete pronunciato Aseck, Asehl …>>,
<<Aseth?>> mi corresse, <<Esatto, proprio quello: è presente anche in questo documento incompleto>> tenni a sottolineare il fatto che fosse mancante della mappa, sperando che se avessi deciso di comprarlo, mi avrebbe fatto un prezzo di favore. 

Paru lo guardò per pochi minuti, ebbi la sensazione che ne conoscesse già il contenuto e naturalmente questo rese tutto molto più interessante, per me s’intende: amavo estorcere informazioni. Assunsi un’espressione più seria e lo fissai intensamente fino a quando non cominciò a sudare.
<<Ebbene Paru, mi dica: chi è Aseth?>> quando pronunciai ancora quel nome, il mercante mi zittì.
<<Nel mio villaggio pronunciamo il suo nome solo se è proprio necessario>> mi disse, nonostante poco prima l’avesse quasi urlato per rimproverarmi.
<<Non si scherza con le divinità>> continuò, << Se poi parliamo di lei … beh, tanto vale tagliarsi la lingua>>

Improvvisamente mi vennero i brividi (non che certe pratiche mi turbassero) e l’atmosfera divenne pesante.
<<Sono sicura che nel documento ci fosse anche una mappa! Guardate! In questo punto manca una pagina>> gli indicai i frammenti che ne erano rimasti ma lui non li degnò di uno sguardo, fu allora che capii chi possedeva il foglio mancante.
<<Quale mercante distruggerebbe la sua merce?>> gli domandai, sperando di sfruttare il suo orgoglio a mio vantaggio. Lui mi guardò preoccupato: avevo appena fatto centro.

Si sedette sulla sedia accanto al tavolo di legno, non lo avevo mai visto così, nemmeno dopo avergli fatto esporre tutti i pezzi di una vetrina fin troppo assortita; ma se volevo quella mappa non potevo agire diversamente.
<<Allora Mercante Paru, detto anche “l’onesto” (lo inventai al momento), vuole forse mettere a rischio la sua reputazione?>> forzai la mano ed ebbi successo.

Il mercante mi spiegò che Aseth era una dea venerata non solo nel suo villaggio ma anche in tutti quelli limitrofi, tuttavia con il passar del tempo, nauseata dall'uomini, preferì ritirarsi in una fortezza di cui nessuno conosceva l’esatta ubicazione. La mappa che aveva strappato dal documento, mi avrebbe condotto proprio a Taseth (il suo villaggio) ma avendo fatto un giuramento alla sua famiglia, ossia di non divulgare la posizione di questo e quindi di non farvi più ritorno, poco prima di consegnarmela (distrutto dal rimorso) si rese conto che avrebbe infranto l’ennesima legge di Taseth e benché esiliato*, volle rispettare la parola data.
(* Secondo la legge, chiunque osasse abbandonare i propri parenti senza il loro consenso, sarebbe stato bandito).

<<Mi dispiace Paru, ma oltre alla mappa, il documento contiene anche delle coordinate precise; forse nella fretta non ci ha fatto caso>> gli comunicai e lui sembrò sul punto di piangere.
<<Mi renda la mappa, in cambio io acquisterò il suo documento più qualche altro oggetto del negozio e le prometto inoltre, che una volta raggiunta Taseth, non farò mai il suo nome!>>.

Quando pronunciai la parola “acquistare”, gli s’illuminarono gli occhi ma solo più tardi avrei capito perché tutti l'avessero soprannominato “il subdolo”, piuttosto che l’onesto: ero stata raggirata.

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